La discussa legge Merlin, che nel 1958 vietò le “case chiuse” in Italia, potrebbe presto essere modificata. È stato infatti presentato un D.D.L. Prostituzione che supererebbe la vecchia legge e regolarizzerebbe l’esercizio della professione nelle abitazioni private. Ciò non significherebbe riaprire le “case di tolleranza”, bensì permettere alle donne e agli uomini che si prostituiscono volontariamente per lavoro (vedi le escort) di ottenere tutele come tutti i normali lavoratori e di pagare le tasse, il tutto condito da regole sanitarie ed autorizzazioni specifiche. Il D.D.L. è di natura bipartisan, in quanto le promotrici sono le senatrici Maria Spilabotte del PD ed Alessandra Mussolini di FI.
“Riconoscere i diritti di prostitute e gigolò e limitare il fenomeno delle tratte”. Sono questi gli obiettivi del D.D.L. Prostituzione, che probabilmente farà tanto discutere nei prossimi giorni. Ecco come funziona. Per esercitare la professione bisognerà ottenere delle apposite autorizzazioni. Dopo aver inoltrato la domanda, sarà la Camera di Commercio a dare l’ok per svolgere l’attività. Per ottenere tale autorizzazione bisognerà ottenere dall’ASL un certificato di idoneità psicologica che attesti la libera volontà di svolgere la professione, scongiurando possibili padroni e sfruttamenti. Una volta ottenuta l’autorizzazione (che dovrà essere rinnovata ogni 6 mesi al prezzo di 6mila euro, o 3mila se part-time), la prostituta avrà un “patentino professionale” ed dovrà aprire una partita IVA per pagare le tasse. A questo punto dovrà avvertire il Comune di riferimento per ottenere il permesso di esercitare prostituzione dentro la propria abitazione, secondo norme sanitarie ben precise (tra cui l’obbligo del preservativo).
Il D.D.L. farà sicuramente discutere. Composto da 7 articoli, sono due quelli che faranno più clamore. Seppur il D.D.L. si riferisca alle sole abitazioni private, l’art.3 dà facoltà agli Enti locali di individuare luoghi pubblici per esercitare la prostituzione e di estendere dunque il campo della normativa. In pratica, il D.D.L. non riaprirebbe le “case chiuse” ma darebbe comunque ai Comuni la possibilità di farlo. Anche l’art.7 potrebbe creare polemiche, poiché proporrebbe di introdurre nelle scuole secondarie l’insegnamento di 20 ore di educazione sessuale. Discussioni a parte, oltre alle prostitute, anche i proprietari degli immobili potrebbero trovare giovamento da una legge del genere. Non sarebbe infatti più punibile chi affitta (consapevolmente o no) una casa, al cui interno si esercita la prostituzione. Ovviamente chi esercita la professione deve essere in regola con le autorizzazioni.
(Fonte: International Business Times – 6 Marzo 2014 )
Alessandra la preveggente
18 marzo 2014 di luporenna
Secondo me, così come pensato, questo decreto è inverosimile e inapplicabile.
Perché? A me sembra ragionevole, a parte il costo dell’autorizzazione: 1000 euro al mese, che potrebbe apparire irrisorio per alcune e gravoso per altre. Tanto il fenomeno non verrà mai debellato, tanto vale regolarizzarlo.
Per ottenere tale autorizzazione bisognerà ottenere dall’ASL un certificato di idoneità psicologica che attesti la libera volontà di svolgere la professione, scongiurando possibili padroni e sfruttamenti
Di fronte a una simile puttanata, dimmi, cosa faccio? Una grassa risata? Una risata amara? Mi strappo i capelli? Vado a vomitare? Mi suicido? Ma questo branco di minorate psichiche si immaginano che le prostitute-schiave che riempiono oggi le nostre strade, se le interroghi ti dicono qua mi ci ha messa il mio padrone che se mi ribello mi ammazza?!
E seimila euro ogni sei mesi per la licenza? Cos’è, lo stato vuole fare concorrenza ai papponi?
Secondo la senatrice, “sulla prostituzione è necessario superare un tabù e decidere di governare il fenomeno. Una regolamentazione è necessaria perché con la mancanza di regole o, peggio, con la proibizione, si produce solo una sostanziale indifferenziazione tra libere scelte di autodeterminazione e prostituzione coatta, sfruttata e gestita dalle organizzazioni criminali di tutto il mondo”. L’ipotesi di tassare i redditi delle prostitute, oltre a creare gettito per le casse dello Stato, potrebbe tutelare le stesse prostitute, sottraendole all’economia sommersa che spesso significa sfruttamento e racket, sempre a patto di garantire, secondo me, un’efficace controllo e vigilanza nei casi sospetti e più a rischio.
Proibizione?! Avevo sottovalutato il caso, limitandomi a chiamarla minorata psichica! Quando mai è stata vietata la prostituzione in Italia? E’ vietato lo sfruttamento e l’induzione. E come farà la signora a impedire che le “libere professioniste” cedano spontaneamente metà dei propri introiti a un gentile amico di famiglia che le protegge dai malintenzionati? Come farà a impedire che a qualche fanciulla povera venga dato qualche disinteressato suggerimento su come uscire dalla miseria? Come verificherà che ogni prostituta che afferma di avere scelto liberamente quella professione e di svolgerla in maniera del tutto indipendente dica la verità? E si immagina che tutti i papponi che oggi vivono da nababbi grazie alle battone quando entrerà in vigore la sua genialissima legge diranno oh caspiterina sono rimasto col sedere per terra adesso dovrò cercarmi un impiego in Comune? Regolamentazione? Ai tempi dei bordelli legali era regolamentata eccome, regole ferree e guai a chi sgarrava, c’era anche il medico del casino che controllava le puttane ogni settimana. E lo sa la signora che quando i casini sono stati chiusi nel giro di due anni il tasso di sifilide È CROLLATO DELL’80%? Ma che vada a far marchette lei, va’.
Io sto pagando casa. Appena passa diventerà la prima casa chiusa del mio paese!
. . . c’è da ridere!!!